Grecia: Lettera dell’anarco-comunista Tasos Theofilou (it/en)

06032014211

Alcuni giorni dopo che i tre membri della Corte d’Appello mi hanno inflitto la condanna di 25 anni per degli incidenti che conosco solo dalla televisione, penso che sorgono delle domande di natura esistenziale e che certe conclusioni di natura politica ne conseguono.

Quindi, partendo da queste questioni, sorge la domanda come può una persona, come il presidente di questa corte – a cui anche dare in mano la gestione di un bar in campagna sarebbe una cosa rischiosa – avere tutta questa autorità nelle sue mani. Com’è possibile che una persona del genere, con la stessa ingenuità morbosa con cui ha condannato il mio caso, ha probabilmente processato centinaia, forse migliaia di persone, e che questo non sia uno scandalo.

Com’è possibile che questa persona palesamente non molto intelligente tiene in mano migliaia di vite.

Com’è possibile che essendo lo Stato composto da queste persone incapaci, noi non siamo ancora capaci di organizzare una rivoluzione contro di esso.

Com’è possibile che il pm non ritiene che dormicchiare durante l’udienza sia una cosa di cattivo gusto, e non sente neanche il bisogno di dare un’occhiata ai minuti prima della sua orazione. Chiunque abbia seguito il processo ha potuto dedurre che la sua orazione si riferiva probabilmente ad un altro caso.

Com’è possibile che proprio quelli che non considerano la giustizia criminale come una vergogna dell’umanità, ma un “servizio”, la riducono a brandelli per trasformala nella biancheria elastica.

Com’è possibile che il presidente e il pm non sentono la vergogna nel dichiarare pubblicamente che le dichiarazioni di difesa dell’imputato non possono essere accolte perché non le ha precisati agli interrogatori della Corte d’Appello speciale, discreditando in tal modo, per il timore della responsabilità, il presunto grado supremo della procedura, che è il processo.

Però, alcune conclusioni politiche che ne conseguono sono importanti. Come ad esempio che il tribunale con la propria decisione ha indirettamente riconosciuto la dimensione politica dell’accusa, perché se non l’avessero riconosciuta avrebbero dovuto assolvermi, ma questo vuol dire che sarebbe crollata già dalla prima sessione.

Però hanno scelto un terreno politico, non giuridico. Un terreno per bilanciare la pressione esercitata dall’alto, con in mezzo la frenesia “antiterrorista”, con la pressione esercitata dal basso, pressione che noi esercitiamo in ogni nostra lotta, piccola o grande. Pressione che è viva anche nel clima dell’assalto autocratico grazie alla nostra fermezza, combattività e solidarietà. Perciò questa parte, grazie ai solidali che hanno seguito il processo e ai giornalisti del movimento, ha impedito che l’arbitrarietà del presidente e le oscenità dell’accusa (che oscillava tra le bizzarrie di destra e una pericolosa ignoranza della legislazione penale) rimanessero nei stretti limiti dell’aula, mettendo una specie di freno alle loro assurdità.

La corte ha proceduto in stile Ponzio Pilato e nel timore della responsabilità, con soluzioni di precisione chirurgica, trasferendo all’appello tutte le responsabilità e tutte le possibilità – anche quella del contro-appello – come è successo alla fine.

E’ importante anche notare che questa decisione non legittima il dna come una prova, dato che l’oggetto su cui sarebbe stato trovato il mio presunto dna di fatto non esiste, ma è una decisione che legittima l’immunità politico-giudiziaria, raggiungendo il suo apice con il contro-appello applicato dal pm Drakos.

Inoltre, non si deve trascurare il fatto che nonostante la corte non abbia bisogno di prove per infliggermi una condanna per la rapina a Paros, contemporaneamente questa mancanza di prove era sufficiente per assolvermi dalle accuse per la partecipazione e di integrazione alle CCF. Quindi, da un punto di vista politico è importante notare che questo non è stato un altro passo verso l’incorporazione del dogma “Marini” .

Perciò rimarrò in prigione per ancora alcuni anni con la forza datami dalla consapevolezza che, come ogni altro anarchico, non sono dentro “ingiustamente”. Ho commesso un crimine che include tutti i crimini. Nella guerra di classe ho preso la posizione di quelli che hanno subito i soprusi. La prigione per un anarchico non è un castigo, ma solo un altro campo di battaglia. Non c’è spazio per le delusioni, solo un ostinata intensificazione dell’andare avanti.

Fino alla distruzione dell’ultima prigione, dall’Attica a Koridallos, dalla Pelican Bay a Domokos, da Guantanamo ad Amigdaleza.

Tasos Theofilou

Carcere di Domokos

24/2/14

 

Tradotto da Erika

fonte

https://radioazione.org/2014/03/grecia-lettera-dellanarco-comunista-tasos-theofilou/

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Letter by Anarchist communist Tasos Theofilou – Greece

Translated by Act for freedom now!

Letter by comrade Tasos Theofilou

A few days after the convicting decision against me by the three member felony appellate and the 25year sentence imposed on me for incidents that I only know about from television, I believe some questions of existential nature arise and some conclusions of political nature come out.
Beginning from the questions therefore, arises the query of how can a person, such as the chairman of this court, -which even assigning him to run a rural café would be a risky thing to do-, has such authority in his hands. How can it be that this person with the same morbid naivety that he tried my case with, could have tried and convicted hundreds, maybe even thousands of other people and this is not a scandal. How can it be that this obviously not very bright person hold in his hands thousands of lives. How can it be that the state is staffed by such inadequate people and we still cannot organize the revolution against it. How can it be that the prosecutor does not even consider it inelegant to take a few naps during the procedure and not even feel the need to take a look at the minutes before making her oration. Whoever watched the trial managed to conclude that her oration was probably about another case. How can it be that those who do not consider criminal justice the shame of humanity, but a “service”, tear it to rags transforming it into an underwear elastic. How can it be that a chairman and a prosecutor are not ashamed to state publicly that the defensive claims of the accused cannot be accepted because he did not state them to the special appeals interrogators, discrediting in the most responsibility-feared way, the supposed main stage of the procedure which is the trial.
But, some political conclusions are important. Such as that the court recognized the political dimension of the persecution indirectly with their decision, since if it did not recognize it it would have to acquit me, given that the indictment had collapsed from the first trial sessions. But it chose a politically -and not juridically- middle ground. A middle ground in order to balance the pressures applied from above, amidst the “antiterrorist” fever, with the pressures applied by below, pressures we apply in every small or big battle we all give. Pressures that even in the climate of autocratic onslaught are alive because of our decisiveness, militancy and solidarity. This part therefore, so much the solidarians who followed the trial as well as the movement’s journalists, prevented the arbitrariness of the chairman and the obscenities of the prosecution (which was balancing between right wing picturesqueness and the dangerous ignorance of criminal legislation), to remain in the tight limits of the court room putting a kind of brake to their nonsense. The court proceeded to a Pontius Pilate-like and responsibility-feared, surgically accurate solution, transferring to the appellate all responsibilities and all possibilities -even that of a counter-appeal-, as it happened in the end.
It is also important that it is not a decision which legitimized dna as evidence, since the object which my dna was allegedly found on does not exist, but a decision which legitimatises the police-juridical immunity which reached its zenith with the counter-appeal applied by prosecutor Drakos.
Also, it cannot go unnoticed that despite the fact the court did not need evidence in order to convict me for the robbery in Paros, simultaneously this lack was enough to exempt me of the charges of participation and integration in the CCF. So from a political point of view, it is important that this was not another step towards embedding of the ‘Marini’ dogma.
Thus I will remain in prison for a few more years with the strength given to me the conscience that just like every anarchist, I am not inside “unfairly”. I committed the crime which includes all crimes. In the class war I took position with those who have been wronged. Prison for an anarchist is not a punishment but one more field of struggle. There is no room for disappointment only stubborn intensification going forwards. Until the destruction of the last prison, from Attica to Koridallos, from Pelican bay to Domokos, from Guantanamo to Amigdaleza.

Tasos Theofilou

Domokos prisons

24/2/14

http://actforfree.nostate.net/?p=16316