Ancora uno sforzo

comforting-sounds-by-Elicia-Edijanto

«La gioia del risultato è già nella gioia dello sforzo […]
La costanza del coraggio non sta nel fatto di arrivare, ma nella certezza di aver ragione»
Albert Libertad, 1908

Arretrare per meglio avanzare in seguito… È la strategia che il potere sembra applicare per il momento: stabilendo una pausa nella sua corsa verso la costruzione della maxi-prigione. In attesa di tempi più rassegnati per imporre la più grande prigione della storia belga. Uno dopo l’altro, i politici responsabili del progetto hanno iniziato a prendere le distanze dal loro stesso progetto, uno attraverso dichiarazioni alla stampa, l’altro non concedendo qualche permesso. Ora vengono formulati persino dei dubbi sulla legalità dell’accordo fra lo Stato e le imprese incaricate di costruire la maxi-prigione. Ma in un simile periodo di repressione contro tutto ciò che mette in discussione l’ordine, la costruzione della maxi-prigione non tarderà a tornare alla ribalta.

Ovviamente il potere non ammetterà mai che è anche a causa della lotta contro la costruzione della maxi-prigione, condotta da diversi anni, che il progetto viene oggi sospeso. Non ammetterà che il rifiuto di questa nuova prigione nei quartieri popolari di Bruxelles, e non solo, è particolarmente diffuso e si esprime anche attraverso pratiche di sabotaggio e di azione diretta contro le istituzioni responsabili, le imprese collaboratrici, gli architetti che disegnano le planimetrie delle gabbie, i politici implicati. Se il potere costruisce i suoi edifici repressivi sul terreno stabile della rassegnazione, si è sbagliato di grosso a proposito dei sondaggi del terreno relativi alla costruzione di questa maxi-prigione. E piuttosto di rischiare che questa lotta diventi veramente incontrollabile, infiammando i quartieri in cui cova la rabbia, preferisce non parlarne più di tanto, per il momento.
Gridare vittoria adesso sarebbe perciò fuori luogo. Non solo perché dopo la carneficina jihadista a Bruxelles il potere non mancherà di seppellirci sotto vari progetti, uno più repressivo dell’altro, e nuove carceri faranno parte di questo menu indigesto. Ma anche perché la lotta contro la maxi-prigione non è soltanto una lotta contro le mura che vogliono erigere, ma anche contro il rafforzamento repressivo dello Stato, contro una vita sotto controllo, con mani e piedi legati dallo sfruttamento capitalista. La lotta contro la maxi-prigione non è che un tentativo, una scintilla, per dare fuoco alla polveriera. Per far esplodere il mondo che ci opprime. Per incendiare le strade ed attaccare i responsabili di questo ordine di cose.
Quindi, silenzio radio sul progetto della maxi-prigione, giusto il tempo di escogitare una nuova strategia per imporcelo, ma da almeno due mesi è diventato tangibile il modo in cui il potere cerca di sopprimere ogni rivolta a Bruxelles: ci manda l’esercito davanti, attrezza i suoi sbirri di pattuglia con armi da guerra, promulga nuove leggi e metodi ancora più invadenti per reprimerci, investe centinaia di milioni di euro in più nella repressione dell’illegalità, rafforza la caccia ai senza-documenti, bombarda le nostre teste con la sua propaganda («con noi o con i jihadisti»), prende provvedimenti contro i conflitti che fuoriescono dalla camicia di forza legalitaria. In breve, trasforma la città in una prigione a cielo aperto e si prepara a scatenare una guerra senza pietà contro chi non l’accetterà.
È per questo che è importante fare ancora uno sforzo nella lotta contro la maxi-prigione. Per scuoterli con forza. Per lanciare loro un grido di sfida: noi continueremo a lottare, con lo scontro e l’azione diretta, per la libertà. Ancora uno sforzo, per gettare attraverso questa lotta le basi per future lotte, sempre più risolute, più aspre, più affilate. Ancora uno sforzo affinché, perché no, rinuncino definitivamente ad imporci questa maxi-prigione che, se fosse costruita, getterebbe una terribile ombra sulle nostre vite. Ancora uno sforzo per difendere a voce alta tutte le azioni dirette che sono avvenute in ogni angolo del Belgio, che hanno colpito le aziende nelle zone industriali così come i tutori dell’ordine nelle strade di Bruxelles; difendere queste azioni come parte di un’accanita lotta per la libertà.
E da dove deve provenire questo sforzo? Da ciascuno e ciascuna di noi, da ogni cuore in rivolta nei quartieri, da ogni persona che si è battuta contro la costruzione di questa maxi-prigione. È da qui, da parte di coloro che sono schiacciati dallo Stato ma che non per questo sono rassegnati, che deve provenire questo sforzo, un segnale di inizio di una lotta più vasta, più rivoluzionaria, più temeraria. Ancora uno sforzo, dawa [disordine] dappertutto. Uno sforzo per dar fuoco alle polveri che si accumulano nelle strade di Bruxelles. E allora si lancerà la più sublime delle sfide in faccia ai militari, agli sbirri, ai politici, ai giudici, ai giornalisti, ai ricchi, agli eurocrati: la sfida della lotta per la libertà.

[Ricochets, n. 15, aprile 2016]

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