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HO SOGNATO UN MONDO IN FIAMME ROTEANTE NELL’INFINITO

Copia di bfilippi

Bruno Filippi
È la sera di domenica 7 settembre 1919. La Galleria Vittorio Emanuele II, a Milano. Qui le ricchezze solidificate in pietra grigia, il privilegio celebrato dalle volte monumentali, accolgono l’alta borghesia meneghina giunta a riposarsi e a digerire il lavoro settimanale – sfruttare i poveri – ai tavolini di esclusivi caffè.
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La politica messa a nudo

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Jean-Paul Michel
«Ed io aggiungerei che un bel paio di chiappe 
ha più potere a questo mondo 
di tutte le elucubrazioni dei filosofi»
L’Aretino
Ci fanno ridere, oggigiorno, gli uomini dell’«efficienza»! Non solo perché il loro attivismo da topolini merita commiserazione — ma perché ogni loro proposito è di un sordido così ridicolo! Ovviamente non riescono a muovere un dito senza invocare, drammaticamente, la Necessità Storica! Eppure credono così poco alla necessità delle loro «necessità» da agitarsi senza tregua, sempre più rumorosamente, per scongiurare la cattiva sorte che, immancabilmente, minaccia la riuscita di questo o quell’altro progettino ideologico. E che dire di quella miriade di teste rafferme e di culi grassi dei burocrati di partito e di sindacato! La loro «abnegazione»! I loro intrallazzi! Le loro profezie! Il loro senso dei «compromessi tattici» che ogni volta liquidano, con un sol gesto, persino le loro stesse «ragioni» d’essere! Ciò che vogliamo è aprirci la possibilità d’una vita che si svincoli dalle logiche da sciame, qui e subito, e costruire la nostra esistenza nell’azzardo del gioco — con la materia, lo spazio, il tempo e gli altri. Laddove non ci sia spazio per il benché minimo cavillo.

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Il martello senza padrone

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René Char, il paradosso

 

«Non è per orgoglio ma provo un disgusto panico al pensiero di
stare accanto a certe carogne in un’opera di poesia…
Abbiamo ragione noi, non perché siamo stati o restiamo surrealisti, ma perché siamo i pionieri
di un continente proibito e splendidamente recalcitrante, la contro-terra»
Lettera a Maurice Blanchard, 20 aprile 1943
Dal greco parádoksos, composto da pará (contro) e doksos (opinione). Un paradosso è in aperta contraddizione col meccanismo logico, reale o presunto, che sottosta alle nostre azioni, cioè con l’esperienza comune. È ciò che contrasta con i principi e le opinioni generali, pur dimostrandosi valido. Nella sua stra-ordinarietà il paradosso frusta le certezze acquisite, contraddicendo ogni presupposto logico dato per scontato. Imbattersi in René Char (1907-1988) significa prendersi in faccia una di queste frustate, tramortenti quanto salutari.

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MENTRE PARLA LA DINAMITE

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Dopo l’ultimatum dell’Alta Corte di Giustizia del Nord America, i compagni sparsi per tutto il mondo, non fecero rimanere in silenzio l’appello disperato lanciato da Boston.

Dall’Argentina al Cile, da Cuba all’Uruguay, e dalla stessa Unione, oltre lo sdegno verbale, anche la dinamite parla.

E’ di ieri la notizia dell’attentato contro un accusatore dei nostri compagni N. Saccco e B. Vanzetti; oggi il telegrafo ci annunzia, che gli altri testi d’accusa, sono vigilati dalla polizia, impauriti da sicure rappresaglie. Ma la dinamite ha altri obiettivi. Non solo attenta alle belve, ma anche ai suoi averi e ai suoi altari.

A tutto ciò che provenga e sia emanazione Nordamericana, appioppiamo il più violento e serrato sabotaggio.

Essi, i potenti degli Stati Uniti, vogliono la guerra. La guerra sia!…

(da Culmine – estratto da Severino di Giovanni, Il pensiero e l’Azione, edizioni Gratis)