FRATELLI SIAMESI II

Young males of the black rock pride

II

Riformisti e rivoluzionarii del Partito socialista guardano al problema della propaganda antimilitarista con la lente degli stessi pregiudizi i, lo considerano con la stessa identica arciborghese grettezza di criterio, e, abbacinati dagli stessi feticci, agitati dalle stesse preoccupazioni e dalle stesse paure, la avviluppano delle stesse pastoie, la castrano, l’emasculano colla stessa rabbia pretesca, paurosa e feroce.

Perché mai cotesta levata di scudi antimilitarista nei sommi organi del Partito?

Perché i Circoli Giovanili, stanchi di andar sonnecchiando sull’orma podagro~a dei reverendi cacadubbi e degli onorevoli lumaconi delle due tendenze, erano insorti lavorando a loro modo IL COSCRITTO, insegnandogli tra le altre cose – dice qualche pubblico ministero nelle sue requisitorie, e qualche Pedotti nei suoi ukases – che quella d’andar soldato per servir le voglie e la libidine dei vampiri a prezzo di assassini proletari è consuetudine da perdere, mestiere da lasciare ai birri e ai boia, posto di vergogna e di infamia che è orgoglio e virtù disertare.

Apriti cielo! I giovani che evadono dalla tutela e tirano sassate in picCionaia attentando alla compagine dell’esercito sacro alla difesa armata della patria e della sua indipendenza! Ma se ne devono veder ancora?

L’onor. Bissolali che è riformista, intima alla Direzione del Partito di manifestare i criterii con cui considera il problema militare, e per conto suo pensa che la propaganda antimilitarista Non possa essere direttamente rivolta alla riorganizzazione dell’ esercito come strumento di difesa nazionale, onde l’antimilitarismo si riduce a render demoaatico l’orga/zismo militare, a ridurre le spese senza disorganizzare l’esercito, ed infine a fare in modo di impedire che l’esercito sia adoperato per repressione interna (1); e scongiura i santi padri del sinedrio a non lasciare siffatta propaganda nelle mani incaute dei Circoli giovanili.

E’ il pensiero riformista quale fu espresso dall’onoro Bissolati nella seduta plenaria della Direzione del Partito il 18 ottobre scorso e riassunto nell’ordine del giorno da noi testu2lmente riprodotto nell’articolo della scorsa settimana.

Bisogna, per la storia, ricordare che quest’ordine del giorno non fu approvato.

Ma qual’è dunque il pensiero dei rivoluzionarii, quello che raccolse sull’ordine del giorno Ferri i suffragi della maggioranza rivoluzionaria della Direzione del Partito?

Vedetelo voi in confronto dei criteri conservatori della corrente riformista.

L’onorevole Bissolati dice:

“1° Il Partito socialista è internazionalista di sua natura ma riconosce la necessità contingente dell’attuale periodo storico di provvedere alla difesa armata del territorio e dell’indipendenza nazionale;

2° Il Partito socialista lotta e lotterà tuttavia senza tregua perché le istituzioni militari riescano meno gravose alla nazione … e sempre meno atte a servire la violenza delle classi dominanti ai danni del proletariato;

3° Protesta quindi contro le persecuzioni alla stampa socialista, contro le violazioni del diritto di riunione, etc.;

4° Delibera di avocare a sé la direzione e la responsabilità della propaganda e dell’azione socialista di fronte al problema militare”.

Ed eccoci all’onorevole Ferri, che è rivoluzionario. Egli dice:

“1° Il Partito socialista contro le reazionarie persecuzioni al socialisti ed ai loro giornali protesta … come l’ono Bissolati;

2° Il Partito socialista plaude alla campagna entusiasta dei circoli giovanili ma alla propaganda antimilitarista parteciperà tutto il partito col concorso della sua direzione come … vuole l’onoro Bissolati;

3° Il Partito socialista denunzia lo sperpero del pubblico denaro nei bilanci militari, come … l’onoro Bissolati.

4° Il Partito socialista non eccita i coscritti ed i soldati a violare i loro doveri in caso di difesa nazionale – propria la necessità contingente dell’attuale momento storico accampata dall’onoro Bissolati – ma vuole formare la loro coscienza nel senso che non compiano più gli eccidii proletarii che si ripetono con tanta frequenza e tanta impunità nel paese, come… è ingenua aspirazione dell’ onor. Bissolati.”

Noi non faremo ai lettori intelligenti e benevoli l’oltraggio d’una più diffusa illustrazione. Coloro che sanno leggere sono in grado di toccar con mano, da sé, che tra la corrente riformista e quella rivoluzionaria del Partito socialista di fronte al problema militare non è dissidio d’aspirazioni né conflitto di metodi.

L’unica differenza tra le due tendenze è questa : che mentre, per una parte, i riformisti rivendicano con manifesta iattanza i propositi ed i metodi conservatori che si vanno delineando e precisando da un ventenni o nel partito, dall’altra i rivoluzionari s’arrabattono con altrettanta ipocrisia a nasconderli, colla lusinga di poter gabellare alle turbe per buona zuppa rivoluzionaria le croste rancide e stantie e sciape del pan bagnato riformista.

Ma il nodo della questione più che nell ‘accertare se riformisti e rivoluzionarii sieno fratelli siamesi nell’equivoco e nella menzogna, sta nel rilevare di questa menzogna tutta l’impudenza consapevole, di questo raggiro la frode orrenda, sì che il proletariato, rompendo dell ‘una e dell’altro l’ordito bieco, riveda e ritrovi in uno spiraglio di verità, tra il balenare d’incoercibili speranze, la via della salute nell’ammonimento redentore: l’emancipazione dei lavoratori, sarà opera dei lavoratori o non sarà mai!

Menzogna e raggiro possono imbellettarsi di biacca riformista o di cinabro rivoluzionario, ma rimangono menzogne e raggiri borghesi.

I socialisti sanno come noi, e la ripetono nei momenti di distrazione, che militarismo ed esercito sono l’arca santa ed il palladio non della patria contro i nemici esterni, ma del capitale contro i nemici interni, contro il proletariato: sanno che loro precisa funzione è di tenere in freno le nostre aspirazioni, soffocare le nostre rivolte , chiuderci le vie alla resurrezione, all’emancipazione.

Dov’è dunque la loro buona fede rivoluzionaria quando ci raccomandano di non toccarne la compagine, sacra alla difesa del territorio e dell’indipendenza nazionale?

O essi confondono la libertà colla patria ed il presupposto non potrebbe essere più assurdo; o antepongono la patria alla libertà ed il loro internazionalismo il loro socialismo, il loro rivoluzionarismo sono un’impostura.

Immaginate che, compiacendo alla previsione dei più, la rivoluzione scoppi domani in Francia e che i governi europei stendano un prudente sanitario intorno alla repubblica sobillatrice, come nel 1793, sicché essa debba romperlo violentemente per espandere, puta caso, in Belgio, in Germania, in Italia i beneficii e le conquiste che è giunta a realizzare sulla disfatta della borghesia del paese.

Dovremmo noi favorir quel tentativo generoso e quegli sforzi redentori approfittando del momento di disorganizzazione e di paura, ed assaltare ed abbattere il nostro governo e le istituzioni borghesi che gli sono connesse secondando l’opera degli stranieri? ed, allora, addio patria! O dovremo, docili all’ammonimento ed alle raccomandazioni del socialismo rivoluzionario parlamentare, difendere da ogni straniera invasione ed intrusione il territorio e l’indipendenza della patria? Ed allora, addio rivoluzione, e viva la santa alleanza socialista che, come quella del 1815, riconduca i ribelli contriti ai piedi del Papa.

Arzigogolateci un cavillo sapiente, berrettoni del socialismo rivoluzionario parlamentare, perché la frode mostra l’ordito.

E poiché i socialisti delle due tendenze sanno, come noi, che l’esercito è creato, mantenuto, vezzeggiato perché difenda il privilegio contro gli sfruttati, i parassiti contro gli sfruttatori, con quanta buona fede preconizzano essi la riduzione [dei] corpi d’armata, la riduzione della ferma, la riduzione delle spese militari?

A parte che un esercito a buon mercato non risolverebbe affatto il problema, se pure non l’aggravasse, come possono essi sperare e come pensare sul serio a dar ad intendere che lo Stato, vale a dire la borghesia coalizzata, possa consentire a disarmare od anche soltanto ridurre gli stanziamenti, indebolire le sue difese proprio nel momento in cui le masse, lipresa coscienza sempre più precisa della loro funzione, proclamano confessatamente di voler attingere la loro emancipazione sulla distruzione della classe borghese?

La maggior iscrizione di cinquanta milioni nei bilanci della guerra

e della marina con cui il governo ha risposto all’agitazione socialista contro le spese improduttive, non ha insegnato nulla ai fachiri del rivoluzionarismo parlamentare.

Ma il colmo sinistro della farsa è qui: è nel voto candido con cui i socialisti delle due tendenze dopo aver consacrato l’esercito, palladio e scudo dell’indipendenza nazionale gli chiedono che almeno non voglii nella sua patria magnanimità accopparci, come cani, sulle corde d’una risaia, su una deserta strada di campagna, pei trivii d’un sobborgo.

Per della gente che sa l’esercito palladio dell’ordine borghese, tutore degli interessi borghesi, gendarme della proprietà borghese, questa di chiedere al militarismo l’eroico sacrificio d’Origene, questa di chiedere ad un organo la rinuncia alla funzione per cui fu creato e vive, è burla così scientifica che immunizza anche dagli scatti di indignazione.

Tuttavia pigliamo la sul serio, ed ammettiamo per un momento che il voto trovi in un ministero un po’ più liberale che non quello di Pelloux, di Giolitti o di Fortis il suo adempimento.

Si sarà con ciò avviato alla frequenza, all’impunità, all’obbrobrio degli eccidi proletarii? Neanche per sogno!

Ci accoppavano ieri i fratelli dell’esercito, ci accopperanno domani gendarmi e birri.

E non è previsione pessimista, è già esperienza documentata.

Vedete? S.E. l’on. Bertaux senza esser socialista (2) e senza mostrarsi alle turbe coll’aureola rivoluzionaria di carta pesta, di cui si compiace l’onorevole Ferri, assumendo il portafoglio della guerra nel ministero Rouvier, diramava mesi sono al comando dei diversi corpi d’armata una circolare in cui si leggono queste testuali parole:

Gli operai in sciopero esercitano un diritto riconosciuto loro dalla legge; non bisogna quindi trattarli come nemici, ma per contrario si devono considerare come cittadini tranquilli e magari anche non tranquilli i quali si occupano delle loro cose secondo il proprio criterio. Avranno torto, avranno ragione: la truppa non lo può giudicare.

E’ proprio l’interdizione formale, precisa, assoluta ai soldati di far uso delle armi contro gli scioperanti tranquilli e magari non tranquilli che si occupano delle cose loro, è l’esaudimento del voto dell’onoro Ferri e dell’onoro Bissolati, dei riformisti e dei rivoluzionari.

I quali potranno chiedere ai minatori di Longwy, ai gazisti di Tolone, ai muratori di Reims, alle pastaie di Maison Alforty, ai minatori di Mont Saint Martin se e come le circolari e gli ordini perentorii di S.E. l’onorevole Bertaux li abbiano protetti e salvati dalla mitraglia, dalle sciabolate della truppa, della gendarmeria, della poliziottaglia repubblicana.

Di fronte al problema militare rivoluzionarii e riformisti del socialismo parlamentare non sono dunque soltanto fratelli siamesi della menzogna e dell’intrigo, ma sono conservatori bigotti della patria, del militarismo, dell ‘ordine borghese cui servono, complici, in ispregio alla verità, a scherno delle nostre rivendicazioni, in odio alla rivoluzione sociale ed all’emancipazione proletaria.

Ed è quanto ci proponevamo dimostrare.

G. Pimpino

1) Vedi Avanti!  3191. Roma 19 ott. 1905.

2) Il Bertaux è, al contrario, un agente di cambio ed un colonnello della milizia territoriale.

Da CRONACA SOVVERSIVA, a. III, n. 49, 9 dicembre 1905, p. 1 e 2.