(Giovanni Gavilli)
Negli anni 1884-85, gli operai americani del nord si agitarono per ottenere dalla classe detentrice della ricchezza il diritto di lavorare solo otto ore al giorno. La moltitudine di quegli operai non vedeva più in là di questa restrizione di orario; ma gli anarchici e con essi tutti gli elementi profughi della disciolta Internazionale tentarono di dare al movimento un ben più alto indirizzo, una meta più precisa ed efficace: la rivoluzione sociale e la conquista della libertà di produrre e di consumare come e quanto ad ognuno occorre e conviene. Vecchia speranza codesta e radicale mutamento che all’anarchia incammina l’umanità; bisogno sentito da chi nulla poté accaparrare per sé o per i suoi della ricchezza sociale; speranza e bisogno che ai gaudenti paiono irrealizzabili, perchè contrastanti apparentemente con l’interesse dei ricchi. Tuttavia la povera gente vi si accanisce e combatte disperata; la sorregge nella lotta l’istinto di conservazione, la necessità di migliori condizioni di vita a cui la sospingono la scienza con le sue invenzioni, colle sue scoperte; e lo sfruttamento sempre crescente che i capitalisti operano avidissimi e sicuri, perché protetti, nel loro brigantaggio, dalla legge e quindi dal braccio e dall’incoscienza degli sfruttati.